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La bracciola o cotoletta alla milanese.
La bracciola o cotoletta alla milanese è un piatto tradizionale della cucina milanese, particolarmente popolare in tutta Italia. Sebbene si pensi che la sua origine risalga al XIX secolo, quando il cuoco austriaco Franz Joseph Feuchtmayer, durante il suo soggiorno a Milano, creò una versione locale della cotoletta viennese…
Ma la ricetta della tradizione milanese nulla a che vedere storicamente con quella viennese.
La ricetta tradizionale prevede l’utilizzo di una fetta di carne di vitello con l’osso battuta finemente, impanata e fritta nel burro chiarificato.
A differenza della viennese, realizzata con carne di maiale, la costoletta alla milanese si prepara con tenera carne di vitello che ha un gusto più delicato. Il segreto starà tutto nella frittura nel burro. Con pochi gesti e grazie ad una cottura in abbondante burro chiarificato così la superficie diventerà croccante e resterà ben aderente alla carne, senza staccarsi in cottura.
Ecco una ricetta base:
– Fette di carne di vitello con l’osso
– Farina
– Uova
– Pangrattato
– Burro chiarificato
– Sale e pepe
1. Prepara le fette di carne, battendole delicatamente con un batticarne per renderle sottili e tenere.
2. Prepara tre piatti: uno con farina, uno con uova sbattute e uno con pangrattato.
3. Passa due volte ogni fetta di carne prima nella farina, quindi nelle uova sbattute e infine nel pangrattato, assicurandoti di ricoprire bene ogni lato.
4. Scalda abbondante burro in una padella a fuoco medio-alto.
5. Una volta che il burro è ben caldo, aggiungi le fette di carne impanate e friggile fino a quando sono dorate e croccanti su entrambi i lati (circa 3-4 minuti per lato).
6. Scola le cotolette su carta assorbente per eliminare l’eccesso di grasso.
7. Aggiusta di sale e pepe e servile calde, magari accompagnate da una spolverata di sale e una fetta di limone.
Buon appetito!
Poichè il burro prima di essere chiarificato contiene le proteine del latte brucia a temperature basse. Ma questo avviene anche perché il burro non chiarificato contiene acqua che fa abbassare la temperatura per l’uso in cucina non consentono quindi un uso ottimale per la frittura. Il burro chiarificato invece brucia a temperature maggiori permettendo la frittura e la doratura dei cibi.
Olio extravergine di oliva: 210 °C, di semi di arachide: 230 °C, di semi di girasole: 225 °C. Burro classico 120 e 160°C, quello del burro chiarificato è di ben 252°C.
Il “punto fumo” corrisponde alla temperatura alla quale un grasso alimentare come l’olio inizia a ossidarsi, producendo quella che appare come una colonna di fumo.
Quando si porta un grasso alimentare a elevate temperature vengono innescate diverse reazioni: polimerizzazione, idrolisi per contatto con l’acqua negli alimenti (responsabile del sapore di rancido delle fritture di bassa qualità), e ossidazione per contatto con l’aria. Tra le reazioni, l’ossidazione che si verifica una volta oltrepassato il punto di fumo è la più pericolosa, in quanto associata alla formazione di sostanze tossiche, come l’acroleina, sostanza irritante per la mucosa gastrica e nociva per il fegato.
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