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Per parlare della ricetta della Jota si deve passare obbligatoriamente attraverso il sapere codificato dell’”Accademia Italiana della Cucina”.
Fondata il 29 luglio 1953, a Milano, da Orio Vergani, con un gruppo di qualificati esponenti della cultura, dell’industria e del giornalismo, l’Accademia Italiana della Cucina, ha lo scopo di tutelare le tradizioni della cucina italiana, di cui promuove e favorisce il miglioramento in Italia e all’estero. Attraverso il suo Centro Studi, le sue Delegazioni e Legazioni in Italia e nel mondo, l’Accademia opera affinché siano promosse iniziative idonee a diffondere una migliore conoscenza dei valori tradizionali della cucina italiana, che costituiscono la base per ogni concreta innovazione.
L’ammissione all’Accademia è preclusa a quanti abbiano interessi nella ristorazione e nelle scuole di cucina.
Dal pregevole lavoro dell’Accademia della cucina italiana riporto la ricetta codificata della “Jota”. Lavoro della delegazione di Trieste con deposito notarile della “Ricetta classica della minestra detta Jota”. Grand Hotel Duchi D’Aosta – Harry’s Grill – Trieste 12 dicembre 2003.
Minestra di cavolo cappuccio acido ( capuzi garbi ), fagioli, patate e carne affumicata.
Ingredienti.
Ingredienti per 6-8 persone
250 g di fagioli scuri
250 g di patate
250 g di cavolo cappuccio acido (crauti)
1 spicchio d’aglio
2 cucchiai di farina 1 foglia di alloro
300 g di costine di maiale affumicate (o un osso di prosciutto)
sale e pepe
Far bollire le costine di maiale affumicate o l’osso di prosciutto, assieme ai fagioli, precedentemente ammollati nell’acqua fredda, ed alle patate. Prendere metà dei fagioli e due o tre patate e passarli. Separatamente far bollire il cavolo cappuccio, coperto d’acqua, con sale, pepe e alloro, fino a quando non si sia completamente asciugato.
Preparare, quindi, un soffritto scurissimo con olio e farina, nel quale sia stato schiacciato l’aglio. Unire ai fagioli e alle patate il cavolo cappuccio e, quando il tutto bolle, aggiungervi il soffritto, rimestando in modo da evitare la formazione di grumi. Questa minestra acquista maggior sapore se lasciata riposare per alcune
La “Jota” è una minestra acida, “garba” in triestino. Il “garbo” è dato dalla presenza dei “capuzi” acidi, cavolo cappuccio fermentato sotto sale. Uno degli altri ingredienti “codificati” dall’Accademia sono i “fagioli scuri” che potrebbero essere i “Borlotti”, gli “Stregoni” o i “Lamon”.
Personalmente ho un ricordo confuso che mi suggeriva che la “Jota”, ricetta molto casalinga, era composta certamente da: carne di maiale affumicata, crauti, patate e fagioli ma questo ingrediente “antico” erano i “fagioli con l’occhio”.
Questa versione della minestra in oggetto diventa più credibile di quella depositata dopo aver scoperto l’esistenza del dipinto: “Il Mangiafagioli” di Annibale Carracci, datato tra il 1584 e il 1585.
Il soggetto ritratto mangia i fagioli che però non sono i borlotti ma i “fagioli con l’occhio”, una pianta semi selvatica presente nelle case contadine in Europa prima della scoperta dell’America. Un po’ ciò che accadeva per i “Śaeti” veneziani fatti con il mais prima della scoperta dell’America che arriva dall’altro lato quello esplorato da Marco Polo.
Non cerco di dimostrare verità accademiche, ma il mio desiderio è solo quello di raccontare. Bisogna porre attenzione solo sul fatto che la storia delle ricette non è statica ma bensì ha la dinamica degli incontri. Finché il pomodoro non ha incontrato la pasta (ed è un incontro recente, molto recente), non mangiavamo che pasta al burro e formaggio… “Pasta Alfredo”?
A questo punto, dovremmo parlare del pomodoro e della patata, che hanno aspettato più di 200 anni per giungere sulle nostre tavole, ma questa è un’altra storia ancora.
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