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Ti racconto la mia cucina così devo iniziare con il fatto che mi piace avere la pasta fresca fatta in casa onnipresente, il brodo che “sobbolle” per 8/10 ore con estrazione dei sapori attraverso la caramelizzazione prima e poi il ghiaccio. Il brodo deve sobbollire a meno di 90 gradi perché così la parte grassa che si estrae attraverso lo shock termico non continua a rimanere disciolto nel liquido ma rimane in superficie. Fare il brodo è un’arte ed è la base per: risotti, sughi (lo sapevi che il ragù va fatto anche con il brodo?).
Spesso in stagione faccio la trippa con almeno 4/5 tipi diversi di stomaci. Questo piatto va cotto almeno 2 volte e comunque va mangiato il giorno dopo. Ci vuole pazienza. Bisogna usare più tipi di trippa perché con la cottura subiscono consistenze diverse. Le mie hanno come ingredienti: olio anche un pezzo di burro (non ditelo e poi non lo metto sempre) parmigiano, alloro, pancetta, pomodoro cipolla un niente di aglio solo per scacciare i vampiri, tanta tanta trippa che deve avanzare nonostante i tanti amici.
Amo il cavolo cappuccio acido (“capuzi garbi” in gergo triestino). Lo cucino con tre cotture ed è la tipica ricetta di casa.
Il cavolo cappuccio lasciato riposare compresso e sotto sale merita una gita invernale al mercato di Lubiana. Io lo assaggio e scelgo da crudo! Ci saranno un sacco di “venderigole” spesso mamma e figlia, che presenteranno i prodotti sfusi con tagli, acidità e simpatia diverse. Non preoccuparti se in attesa di diventare giallo ocra, mentre i “capuzzi” si raffreddano l’acqua di cottura sparisce. Non è un fenomeno carsico, l’acqua riapparirà dopo che avranno ripreso il bollore.
Ti racconto la mia cucina per raccontare un pezzo di Trieste. Ognuno di noi quando cucina in casa non fa soltanto da mangiare, non costruisce un prodotto. Cucinare significa raccontare, tramandare. Il sapore, il profumo, l’atmosfera che si crea attorno a questi elementi che sono l’effetto della cottura e della condivisione del cibo sono memoria, appartenenza.
In questo blog Maurizio Stagni, un vero gourmet, racconta la sua cucina, quella della tradizione gastronomica di Trieste. La sua cucina, che non è solo quella triestina ma con il racconto dell’esperienza gastronomica si espande, per aneddoti, in quella della penisola.
Ho cucinato fin da bambino, per necessità, per me e per altri. Anch’io ho imparato la cucina dalla nonna, ma questo imprinting si è diluito in tutti gli altri incontri, appuntamenti e frequentazioni con le cucine professionali. La mia formazione si è costruita attraverso amici chef, frequentati assiduamente che più di darmi da mangiare sono stati dei mentore trasmettendomi la passione per un mestiere totalizzante. Con uno in particolare abbiamo condiviso una casa e la sua cucina per più di un anno e mezzo e di questo gli sarò sempre riconoscente.
Uno dei regali più belli della mia vita sono stati quattro giorni,meglio quattro notti, di lavoro in una cucina in un ristorante di buon livello a Trieste. In cucina eravamo uno chef dei primi, uno dei secondi ed io come lavapiatti e… un’ottima cantina. Ancora oggi quegli chef, ormai di esperienza, ricordano quelle serate.
Per decidere di scrivere “Ti racconto la mia cucina” ho attraversato la giungla infinita e lievitante di libri di ricette e la casa sempre piena di amici. Ho sperimentato la lavapiatti con le cotture alle basse temperature che continuano ad essere un mito per alcuni miei fornitori. Sono rimasto sveglio delle notti per ripetere dei risotti sulle tracce di Gualtiero Marchesi, testando le differenze e comparando gli insegnamenti. Mi sono dato tante occasioni per preparare le medesime ricette identitarie del mio territorio e dell’Italia magari provando una sola variazione negli ingredienti o nella preparazione. Non ho mai creduto nella ricerca della “ricetta perfetta”, ma il bello per me è stato sempre nel sperimentare come faceva Pellegrino Artusi.
Oggi uso pochi libri dove inseguo alcune ricette identitarie confuse con ricette tradizionali: carbonara, matriciana, risotto alla milanese e tante altre. Mi interessa più la loro storia, l’evoluzione della ricetta e degli ingredienti. Le ricette hanno una loro vita si modificano, si adattano, crescono. Non mancano le letture sociologiche, le tante conferenze della storia della cucina e soprattutto la sfida di mettere nero su bianco alcuni racconti sul cibo che però non sono e non vogliono essere mai delle conclusioni che lascio a chi é esperto più di me. Ti racconto la mia cucina non è una cosa semplice ma lo voglio fare con onestà e precisione.
Scrivere “Maurizio Stagni racconta la sua cucina” consente di aver voglia di frequentare qualche locale interessante quindi mi potete trovare a Trieste alla trattoria “La bella Trieste” o in gita al “Bachero” a Spilimbergo oppure, dopo la bella lettura che li vede protagonisti alla “Locanda Devetak”. Se capito a Udine amo immergermi nell’atmosfera della vecchia osteria “Pieri Mortadele” che da poco ha riaperto il locale storico “Sbarco dei pirati”.
Buon appetito!
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